In un piccolo paese dell’Italia del ‘900, vive un’umile famiglia come tante. Eppure le sue donne hanno un dono speciale. Un’appassionante saga generazionale che attraversa un secolo di storia italiana.
«Dopo aver capito qualè la nostra abbondanza, quello che dobbiamo fare è saperla amare».
“È una storia che nasce nella testa di una bambina che ascoltava i racconti del nonno e della bisnonna” – racconta Maria Costanza Boldrini autrice di Gli anni dell’abbondanza, suo romanzo d’esordio uscito da Nord Edizioni –, “Una bambina sin da subito appassionata alle storie, alle letture destinate ai ragazzi. Grazie a mia madre sono poi approdata ad autori più consistenti, primo tra tutti Gabriel Garcia Márquez e poi i suoi colleghi del realismo magico, che mi hanno molto influenzata”.
Ecco dunque dove affonda le radici Gli anni dell’abbondanza, nell’amore dell’autrice per questo stile letterario, nella sua ambizione “segreta”, come la definisce lei stessa, di fare il mestiere dello scrittore, perché è sempre difficile da ammettere, anche se “«”è la cosa che desideravo fare più intensamente sin da quando ero piccola e che spero di poter continuare a fare nel futuro”.
Le radici sono anche nei racconti della famiglia e dei nonni, quelle storie che affascinavano Maria Costanza Boldrini nei suoi primi anni di vita: “«”Ho sempre avuto una grande passione per la storia, per ciò che è stato, per la realtà delle cose, del rendersi conto che chi ci ha preceduto ha vissuto certe esperienze, che fanno parte anche della nostra vita. Una memoria genetica, io sono anche il mio trisnonno che rimase orfano… Tutto questo fa parte di me. Ho cercato di trasmetterlo nel mio romanzo, quando le protagoniste si rendono conto dell’infinito. Ho ben presente quando compresi il concetto e ne rimasi profondamente toccata e annichilita. C’è questo passato dietro di noi, per me qualcosa che va oltre la parola, che mi pervade completamente”.
Una storia che le appartiene, “perché è la storia della famiglia di mia madre, una storia che mi ha costruita. Mi sono sentita padrona di condividerla con altri, ovviamente condendola di tante invenzioni”. E l’abbondanza è un “testimone generazionale”, nel senso che “si passa di madre in figlia, è un testimone, ed è compito nostro prenderci cura di quest’abbondanza, che abbiamo tutti, bisogna metterla a frutto. Quando amiamo ciò che abbiamo avuto in sorte, allora riusciamo ad amare anche noi stessi, cosa molto difficile”.
Gli anni dell’abbondanza
Maria Costanza Boldrini
In un piccolo paese dell’Italia del ‘900, vive un’umile famiglia come tante. Eppure le sue donne hanno un dono speciale. I Contini sono una famiglia come tante, lì a Valchiara, un piccolo paese del centro Italia affacciato sul mare. Benvoluti e gran lavoratori, conducono un’esistenza povera ma dignitosa. Poi qualcosa cambia quando la giovane Beata, a dispetto delle proteste della madre, decide di farsi assumere alla Regia Fabbrica dei Sigari. Perché un misterioso miracolo si produce in lei: è la sua abbondanza, un dono che la rende la beniamina delle colleghe zigarare e il bersaglio dell’occhiuto sospetto dei controllori della fabbrica. E dopo di lei anche sua figlia Clarice e la nipote Antonia saranno benedette e maledette da questo prodigio, ciascuna a modo suo. Tuttavia l’abbondanza non è per sempre, può sparire da un momento all’altro a causa di un grande dolore. E di dolori ne vivranno tanti, Beata, Clarice e Antonia, vittime della violenza della Storia ma capaci di affrontare e superare ogni difficoltà, anche grazie a un’altra benedizione, l’amore puro e incondizionato dei loro adorati mariti. Un’appassionante saga generazionale che attraversa un secolo di storia italiana, dalla fine dell’Ottocento agli anni del benessere, passando per due guerre mondiali, il ventennio fascista e i mesi dell’occupazione nazista. Una scrittura ammaliante che, come una sorgente magica, riporta alla luce le vicende di donne normali eppure eccezionali, tra sogni premonitori e tradizioni popolari, gioie quotidiane e amori predestinati. Perché l’abbondanza non è ancora finita…
Con Chiaravalle, suo paese d’origine, Maria Costanza Boldrini ha avuto un rapporto di odio e amore: “Da piccola non è stato facile, anche con i compagni di classe, ho avuto le mie difficoltà… E appena ho potuto staccarmi l’ho fatto, mi sono allontanata dall’ambiente dei miei coetanei. Ma come succede spesso quando ci si allontana poi accade anche che ci si rinnamori del luogo da cui si proviene e questo è quello che è accaduto a me. Chiaravalle ha le sue peculiarità, per le donne è un paese abbastanza inusuale, qui le donne erano indipendenti già nel diciannovesimo secolo con l’impiego alla Manifattura Tabacchi. Ci sono tante cose belle, nella provinciale Chiaravalle, che ho voluto riconoscere e cui ho voluto dare luce”.
L’ispirazione letteraria, lo stile, però, quelli vengono da lontano, dalla letteratura del Sudamerica, quella tanto cara all’autrice sin dalla sua infanzia: “Appartengo alla generazione che attendeva l’uscita dei libri di Harry Potter, però poi partendo da lì sono approdata a cose meravigliose. L’elemento magico presente nel mio libro è di profonda ispirazione sudamericana: Márquez, Allende, Borges, Amado”.
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