Intervista a Cristina Fabbrini, autrice del libro:”Il senso dell’acqua”.
A cura di Valentina Fosca Olcelli
«I sogni hanno avuto un ruolo chiave nella tua vita e nella storia del libro… Un aneddoto che possiamo raccontare, legato ai sogni?»
«La cosa più curiosa è che al risveglio ricordavo pochissimi dettagli. Frammenti, emozioni, più che altro. E odori. Mi risvegliavo ogni mattina con un forte odore nel naso, odore di fiume, di neve e di legna bruciata. Una sensazione netta, ben definibile, ma che non aveva alcun riscontro con la mia realtà. Inoltre, sempre più spesso, nei miei sogni c’era acqua, tantissima acqua… l’acqua del mare – sempre burrascoso – l’acqua del fiume, altra acqua che non riuscivo a definire… Ma la cosa più significativa era che avvertivo un’emozione talmente forte da risultare devastante. Era un misto di sensazione di struggimento, di appartenenza, di paura, di amore… Solo in seguito, grazie alle regressioni nelle vite passate, effettuate con la Cristalloterapia (Cristalloterapia delle Vite Passate di Marco Serravalle, n.d.r.), ho scoperto che si trattava di una vita passata che stava emergendo dal mio inconscio. In realtà si trattava quindi non di un mondo onirico invadente – come l’ho definito nel libro – ma del riemergere di ricordi legati a una precedente esistenza.»
«Quindi è a causa di questi sogni-ricordi che hai scelto un titolo così particolare per il tuo libro…»
«Sì, in parte. Diciamo che l’acqua è l’elemento che domina la nostra vita: i sentimenti, soprattutto, e questo lo rendeva un candidato eccezionale per il titolo del libro. Di fatto, però, l’acqua compare anche come elemento di primo piano nella storia della mia vita passata. Lì la protagonista, la me stessa che viveva in quella storia circa duecento anni fa, nasceva in una città di mare e la sua stessa esistenza è stata segnata in modo effettivo dall’acqua».
«Raccontiamo qualcosa di più del romanzo, pur senza svelarne la trama, che a mio avviso è uno dei punti di forza del libro. La struttura, per esempio. Possiamo definirlo un libro nel libro…»
«Lo definirei piuttosto l’intreccio di due vite che si rincorrono e si compenetrano. La parte della vita attuale è molto semplice e lineare, mentre la vita passata è affasciante e rocambolesca, malgrado non fossi nessuno di importante. La parte “antica” è stata romanzata, è chiaro, perché andava resa appetibile per il lettore, ma la struttura della storia appartiene alle regressioni che ho fatto quindi, per me, è reale come quella attuale.»
«Una delle caratteristiche di maggior pregio del libro, è che tutta la storia è inserita in un contesto storico ben definito, raccontato in modo molto avvincente, per nulla scontato. Viene da pensare che ci sia dietro uno studio storico non indifferente…»
«Come dicevo prima, nel momento in cui ho fatto le regressioni, ed è emersa questa vita, sono riuscita a individuare molti dettagli: i luoghi (malgrado mi risultassero del tutto sconosciuti), il periodo, il succedersi delle situazioni… ma per il resto non sapevo assolutamente nulla di quello che furono – storicamente – gli eventi in quegli anni e in quei luoghi. E’ stata una sorpresa e una riconferma, anni dopo, vedere tutte le tessere del puzzle andare a posto nel momento in cui, all’università, preparai l’esame di “Storia dell’Europa Orientale”. Tutto questo studio storico, poi, mi è servito per dare i nomi agli avvenimenti e calare il tutto in un contesto storico reale.»
«Quanto è stato difficile scrivere un romanzo autobiografico?»
«Scriverlo non è stato difficile: ho preso gli appunti che avevo scarabocchiato durante quel periodo, gli atti delle mie regressioni, le canzoni che hanno fatto parte di me in quel periodo e ho rimesso tutto in ordine cercando di plasmare il materiale in un libro che avesse un senso non solo per me, ma anche per quelli che sarebbero stati i miei lettori. Scriverlo, quindi, non è stato difficile. Consegnarlo al pubblico, quello sì è stato difficile.»
«C’è qualcosa che vorresti dire, di persona ai tuoi lettori?»
«Sì. Ricordare l’aforisma di Francis Bacon con il quale apro il libro ”Leggi non per contraddire o confutare, né per credere o prendere per oro colato… ma per soppesare e riflettere”. Questo libro rappresenta la mia realtà, il mio modo di vedere le cose, il mio punto di vista. Non vuole essere un manifesto sulla reincarnazione o sulle teorie spirituali. Questo libro vuole per prima cosa presentarsi come opera letteraria, al di là della tematica. E, casomai, offrire una chiave di lettura “diversa” a quelli che possono essere i problemi della vita quotidiana che tutti, chi in un modo, chi nell’altro, ci troviamo a dover affrontare».
Personalmente ritengo che questo libro, una volta che sarà stato scoperto dal grande pubblico, sarà destinato a far parlare di sé. Un libro è una promessa, che l’autore fa attraverso il titolo, la copertina, l’incipit. La promessa di un sogno, di un’emozione, di un viaggio. E Il Senso dell’Acqua sa molto bene come mantenerla.