Narcopolis è il primo romanzo dello scrittore indiano Jeet Thayil. Come lo stesso titolo suggerisce, la trama si concentra sull’esperienza dell’assunzione di droghe, ma non solo, i personaggi si dedicano alla sperimentazione di qualsiasi esperienza che alteri i sensi o che porti a un diverso livello di coscienza.
Narcopolis si svolge in India, nella città di Bombay, il periodo può essere identificato all’incirca con gli anni ‘70-80. Lo stesso autore dichiara di avere provato in prima persona le esperienze che ci racconta nel suo romanzo, e di essere stato per molti anni consumatore accanito di droghe e alcol.
Ma il suo non è un semplice resoconto della caduta e della guarigione dalla dipendenza, ma qualcosa di più profondo, che fa scattare subito l’empatia del lettore, e vuole porre l’attenzione sull’impegno sociale del paese, e il ruolo degli studiosi, degli artisti e delle prostitute.
La storia prende vita raccontata attraverso gli occhi dei personaggi, che con le loro vicende ci mostreranno anche il cambiamento delle fumerie d’oppio quando la terribile nuova droga, l’eroina, inizia a circolare.
Il narratore, Dom Ullis, arriva da New York per ritrovarsi immerso nelle fumerie d’oppio e nei bordelli di Bombay. In particolare il bordello più famoso della città, quello di Rashid, è popolato da un cast di personaggi degenerati e magnetici che ci lavorano, compreso Dimple, l’eunuco che costruisce pipe, il violento Rumi, l’imprenditore e rifugiato cinese Mr. Lee e un insieme di poeti, prostitute e gangster.
Tra i personaggi apparirà anche un serial killer, una sorta di “graziatore” che pretende col suo metodo di porre fine alle sofferenze della gente. Un intento non secondario del romanzo è quello di ricordare tutte le vittime di questa piaga che affligge i paesi più poveri così come i più ricchi, nella speranza che il loro esempio allontani dalla droga.
Dal romanzo emerge come la droga, l’alcol, il sesso siano la stessa risposta a domande diverse. Per le classi più disagiate costituiscono la reazione alla loro povertà, alla crudeltà altrui che vivono sulla loro pelle, ai loro sogni infranti. Per gli artisti è la fonte di ispirazione per la propria arte. Per le classi più alte può essere un divertimento, una moda. Bombay ne emerge come una città grottesca, in cui la maggior parte degli abitanti vive in una condizione di semi-miseria.
Thayil ci descrive i suoi bassifondi, le fumerie d’oppio, i bordelli, le vie buie e sporche; senza tradire nessuna nostalgia per il periodo della sua vita in cui vi abitava. Il tutto senza tralasciare i dettagli più tristi o scandalosi, senza paura di raccontare la verità.
A cura di Flora Marchesi