Focus su: Demon Copperhead di Barbara Kingsolver

Demon Copperhead articolo

“Demon Copperhead” di Barbara Kingsolver, vincitrice del Premio Pulitzer 2023 per la narrativa, reimmagina la storia di David Copperfield in un’America rurale dei giorni nostri alle prese con la povertà e la dipendenza da oppioidi.

In “Demon Copperhead”, l’autrice Barbara Kingsolver offre un’accurata rivisitazione di “David Copperfield” di Charles Dickens: una scelta sconcertante o una manovra ingegnosa da parte della scrittrice vincitrice del Premio Pulitzer 2023 ma è ovvio che la Kingsolver voglia raccontare Dickens: è sempre stato il suo antenato. Come Dickens, infatti, l’autrice è smaccatamente politica ed esumarlo è un modo per rendere esplicita una rivendicazione di eredità in un momento in cui i romanzi chiassosi e attivisti sono fuori moda.
È un’argomentazione che sostiene che questa perdita di prestigio è ingiustificata, perfino miope, ed è una confutazione che i romanzi non siano più veicoli plausibili per il cambiamento sociale.


Demon Copperhead
Barbara Kingsolver 

Questa è la storia di un ragazzo che tutti chiamano Demon Copperhead, un eroe dei nostri tempi. Un ragazzo che può contare solo sulla bella faccia ereditata da suo padre, una criniera di capelli color rame, lo spirito aguzzo e il vizio di sopravvivere. Il suo esordio nell’universo – mamma di diciott’anni che partorisce sola con una bottiglia di gin, anfetamine e oppioidi -, in una casa mobile sperduta negli Appalachi meridionali, dà il la a ciò che verrà dopo. Demon inizia la sua corsa a perdifiato attraverso la vita, sfreccia per le selve oscure dell’affido, del lavoro minorile, delle scuole fatiscenti, fino al sogno, e poi all’ebbrezza del successo atletico, con la conseguente caduta nella dipendenza. Nel mentre, si ossessiona con gli eroi della Marvel, si disegna i suoi fumetti riempiendoli di cattivi veri, si inerpica per le vette vertiginose del grande amore e sprofonda nel dolo – re straziante della perdita. Attraverso tutto questo, Demon deve combattere, armato del suo caustico umorismo e poco altro, contro la propria invisibilità in un mondo dove persino i suoi amati supereroi hanno abbandonato le terre selvagge per la città.

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Il football liceale regala un breve periodo di gloria. Poi: infortunio al ginocchio, antidolorifici prescritti dal medico, dipendenza da oppioidi, amore giovanile e un’inesorabile catena di tragedie interrotta sporadicamente da piccole vittorie.

Barbara Kingsolver fà galoppare il lettore attraverso le pagine portando con sè una domanda più grande – in questo caso, su come si forma la coscienza di una persona. La ricerca intellettuale e spirituale incontra una resistenza sotto forma di questioni capitali: la povertà e l’espropriazione rurale, così come le carenze dell’istruzione pubblica americana, dell’assistenza sanitaria e delle agenzie di assistenza all’infanzia.

Chiunque abbia avuto bisogno di cure mediche negli Stati Uniti conosce la tortura dell’attesa indefinita: quello specifico girone infernale in cui un paziente langue senza sapere quando, come o se sarà curato, o quanto costerà, o quale tipo di malasanità potrebbe derivarne. La storia della dipendenza di Demon è tristemente credibile. Dopo essersi infortunato in campo, ha bisogno di radiografie e di una risonanza magnetica. La prescrizione di oppioidi è intesa come un ripiego. Ma una cosa tira l’altra…

Il romanzo di Dickens si apre con la famosa frase di autodeterminazione del narratore: “Se risulterò essere l’eroe della mia vita, o se quel posto sarà occupato da qualcun altro, queste pagine devono dimostrarlo”. La versione di Kingsolver è significativamente diversa: “Salvare o essere salvati, queste sono domande”, dice Copperhead. “Vuoi pensare che non sia finita fino all’ultima pagina”.

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