Dopo quattro anni, Silvia Avallone torna in libreria con un romanzo di condanna e di salvezza, dove i due protagonisti provano a lasciarsi alle spalle un passato difficile. Ma la possibilità di dare un senso al dolore esiste, perché il vero male è non saper perdonare.
«Questa è una storia d’amore tra due persone che cercano un futuro. Lei dopo aver compiuto l’irreparabile e quindici anni di carcere, lui dopo aver subito l’irreparabile.» Silvia Avallone.
Fare la conoscenza del male, sia facendolo, sia subendolo, trascina le persone in un abisso profondo dal quale si fa fatica ad uscirne. O dal quale non si vuole uscire, creando attorno a sé una barriera di solitudine per difendersi e fare in modo che ciò che è successo non ricapiti più. In Cuore nero ci sono due persone che hanno visto il male con i propri occhi: Bruno perché l’ha subito, Emilia perché l’ha compiuto.
Partendo dalla propria esperienza personale, la scrittrice Silvia Avallone, racconta il dolore più profondo, quello che non ci si perdona, anche quando i conti sono stati pagati. Ma la vita prosegue imperterrita e non ti molla, non ti permette di fermarti a piangerti addosso o farti divorare dai tuoi demoni: ti lancia segnali di ripartenza, semina indizi per tenerti agganciato alla realtà.
Il male non si può dimenticarlo, rimane una ferita aperta nell’animo. Ma c’è la possibilità di dare un senso anche al dolore, di redimerlo, e di ricominciare: perché il vero male è non saper perdonare.
Cuore nero
Silvia Avallone
L’unico modo per raggiungere Sassaia, minuscolo borgo incastonato tra le montagne, è una strada sterrata, ripidissima, nascosta tra i faggi. È da lì che un giorno compare Emilia, capelli rossi e crespi, magra come uno stecco, un’adolescente di trent’anni con gli anfibi viola e il giaccone verde fluo. Dalla casa accanto, Bruno assiste al suo arrivo come si assiste a un’invasione. Quella donna ha l’accento “foresto” e un mucchio di borse e valigie: cosa ci fa lassù, lontana dal resto del mondo? Quando finalmente s’incontrano, ciascuno con la propria solitudine, negli occhi di Emilia – “privi di luce, come due stelle morte” – Bruno intuisce un abisso simile al suo, ma di segno opposto. Entrambi hanno conosciuto il male: lui perché l’ha subito, lei perché l’ha compiuto – un male di cui ha pagato il prezzo con molti anni di carcere, ma che non si può riparare. Sassaia è il loro punto di fuga, l’unica soluzione per sottrarsi a un futuro in cui entrambi hanno smesso di credere. Ma il futuro arriva e segue leggi proprie; che tu sia colpevole o innocente, vittima o carnefice, il tempo passa e ci rivela per ciò che tutti siamo: infinitamente fragili, fatalmente umani.
La trama
Sassaia è un piccolo borgo della Valle Cervo incastonato tra due montagne, e arrivarci è possibile solo a piedi percorrendo l’unico tragitto esistente: una strada sterrata, ripidissima e nascosta tra i faggi.
Un giorno arriva in paese una ragazza che porta con sé tante valigie, parla con un accento diverso e dice di avere trent’anni. Si chiama Emilia e nessuno sa da dove proviene né il motivo del suo arrivo a Sassaia. Bruno ha osservato il suo arrivo rimanendo nascosto, ma intuisce subito che quella ragazza è simile a lui, ma allo stesso tempo diversa, e che per entrambi quel paese è un rifugio dal proprio passato, uno dalla parte della vittima, l’altra da quella del carnefice.
Entrambi infatti hanno conosciuto il male: lui perché l’ha subito, lei perché l’ha compiuto. Ma questo incontro avvicinerà le solitudini di Emilia e di Bruno, che tra loro si riconoscono, seppur nel silenzio dei loro passati, e si cullano in una sembianza di normalità.
Qualche informazione sui personaggi
In Cuore nero assistiamo ad un vero ribaltamento dei ruoli: Silvia Avallone ci racconta un personaggio femminile che non ha subito il male, ma che lo ha fatto! E che adesso, dopo aver pagato il proprio debito attraverso quindici anni di carcere minorile, cerca rifugio in un luogo lontano sperando di scappare da sé stessi e dal proprio passato. Emilia infatti è una donna interrotta, bloccata in un corpo di ragazzina, che non riesce più ad addormentarsi da sola, e che si taglia per riuscire a zittire il rumore che ha nella testa.
Bruno al contrario è un sopravvissuto: lui il male lo ha subito da bambino, e quella vicenda lo ha fatto diventare vecchio troppo presto. Un dolore difficile da elaborare, che lui cela dietro una barba lunga e lo nasconde in una granitica solitudine, evitando accuratamente le relazioni umane perché la sofferenza classifica: noi vittime e voi carnefici, noi bianco e voi nero che mai si devono incontrare.
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