Focus su: “La neve in fondo al mare” di Matteo Bussola

Neve in fondo al mare matteo bussola copertina

Un romanzo che parla della fragilità di una generazione di adolescenti, delle loro cadute e ferite, spesso autoinflitte, e dello speculare spavento di una generazione di genitori. Ma parla anche di quanto questi ragazzi siano luminosi, se si ha il coraggio di guardarli davvero.

“Scoprire la profondità della tristezza di un figlio, a neanche sedici anni, è come trovare qualcosa in un posto in cui non te lo saresti mai aspettato (…). È come trovare la neve in fondo al mare”

Da un lato, le fragilità dei nostri ragazzi – sempre più ansiosi e in stato di disagio ora con i propri coetanei, ora con il cibo – dall’altro, quelle di una generazione di padri e madri che si è riscoperta del tutto impreparata. Inadeguata al «ruolo».

E in mezzo, un filo sottile, suscettibile di essere spezzato da un momento all’altro, quando meno te lo aspetti, ma che può ancora trovare una sua catarsi nel luogo del racconto. Racconto che sta tanto nel nuovo romanzo di Matteo Bussola,La neve in fondo al mare“, quanto nel reparto di neuropsichiatria infantile in cui lo stesso è ambientato. Dove gli adolescenti con le più disparate problematiche, legate altresì alla loro età, trovano ricovero insieme ai genitori e, congiuntamente al percorso clinico, un’occasione per rigenerare quel filo «ombelicale» che dalla notte dei tempi ne tiene uniti i due capi. I quali, mai come in questo tempo, hanno smesso di riconoscersi.


La neve in fondo al mare
Matteo Bussola

Matteo Bussola racconta un nodo del nostro tempo: la fragilità adolescenziale. Scrive una storia toccante, piena di grazia, sul tradimento che implica diventare sé stessi. E ci mostra, con onestà e delicatezza, quel che si prova davanti al dolore di un figlio, ma anche la luce dell’essere genitori, che pure nel buio continua a brillare. Perché è difficile accogliere la verità di chi amiamo, soprattutto se lo abbiamo messo al mondo. Ma l’amore porta sempre con sé una rinascita. Un padre e un figlio, dentro una stanza. L’uno di fronte all’altro, come mai sono stati. Ciascuno lo specchio dell’altro. Loro due, insieme, in un reparto di neuropsichiatria infantile. Ci sono altri genitori, in quel reparto, altri figli. Adolescenti che rifiutano il cibo o che si fanno del male, che vivono l’estenuante fatica di crescere, dentro famiglie incapaci di dare un nome al loro tormento. E madri e padri spaesati, che condividono la stessa ferita, l’intollerabile sensazione di non essere più all’altezza del proprio compito. Con la voce calda, intima, di un padre smarrito, Matteo Bussola fotografa l’istante spaventoso in cui genitori e figli smettono di riconoscersi, e parlarsi diventa impossibile. Attraverso un pugno di personaggi strazianti e bellissimi, ci ricorda che ogni essere umano è un mistero, anche quando siamo noi ad averlo generato.


Nella sempre delicata quanto intensa scrittura di Bussola, si dipanano le vicende di quattro genitori e dei rispettivi figli e figlie, che in quel reparto si ritrovano l’uno al cospetto dell’altro, ciascuno con le personali fragilità (di padre, madre, figlio/a), componendo specchi di esistenze dentro i quali poter rivedere ogni cosa, ogni tassello, da un rinnovato punto di vista.

L’auspicio dell’autore per i giovani e adulti che leggeranno di Tommy, Eva, Giack, Amelia, Marika, Tano, Nicholas, allora, è che «i primi possano comprendere il senso di smarrimento che spesso attanaglia un genitore, e i secondi possano prendere consapevolezza del bisogno degli adolescenti di essere guardati con l’occhio dell’accoglienza». Caricare, cioè, i ragazzi di troppe aspettative insinua in loro l’idea che qualora queste venissero disattese, l’amore dei genitori, e del mondo in generale, nei loro confronti, non sarà più lo stesso.

La verità difficile

Ma crescere significa anche deludere, rammenta Bussola, e i giovani di oggi ci stanno dicendo con ogni loro fibra: “Io non sono te”. Una verità difficile da accogliere, specie quando arriva da chi si ama e da chi abbiamo messo al mondo. Passo tuttavia necessario per ogni nuova rinascita.

“La neve in fondo al mare” è un’immagine poetica – così come l’illustrazione di copertina, sempre a firma di Bussola – e al contempo straziante, in cui il profondo dolore vissuto da un figlio adolescente diventa, per un padre quale il protagonista nonché voce narrante del romanzo, qualcosa di tanto più lacerante quanto più impercettibile (come la neve che, cadendo nell’acqua, non solo non fa rumore ma diventa addirittura invisibile). Un tentativo di dare voce a chi non ce l’ha. Una carezza a genitori e figli.

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